Affiche Ancienne Originale Moto Benelli 250 350 1965-1966 Champion D'italie

Affiche Ancienne Originale Moto Benelli 250 350 1965-1966 Champion D'italie
Affiche Ancienne Originale Moto Benelli 250 350 1965-1966 Champion D'italie
Affiche Ancienne Originale Moto Benelli 250 350 1965-1966 Champion D'italie
Affiche Ancienne Originale Moto Benelli 250 350 1965-1966 Champion D'italie
Affiche Ancienne Originale Moto Benelli 250 350 1965-1966 Champion D'italie
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Pas de copie - pas de repro. MODELE D'AFFICHE TRES RARE. 70 cm x 50 cm.

(+ 4 cm d'entoilage idéal pour encadrement ou punaises). (+ 4cm margin for framing or pin). Vous pouvez nous contacter pour la sauvegarde de vos affiches. Teresa Boni Benelli e dai suoi sei figli Giuseppe.

Giovanni, Francesco, Filippo, Domenico e Antonio. Con sede nella città di Pesaro. Che opera nel settore motociclistico. Dal 2005 è di proprietà del gruppo Qianjiang Motor.

Una società cinese che a sua volta è controllata dal Geely Holding Group. Fondata nel 1911 a Pesaro è la più antica azienda motociclistica italiana in attività.

Nella sede italiana della Benelli QJ a Pesaro (PU) si svolgono le attività di progettazione, sviluppo e marketing in sinergia con la casa madre di Wenling. Dove le motociclette sono prodotte.

Da sinistra: Tonino, Francesco, Giovanni, Giuseppe, Filippo e Domenico (1929). Teresa Boni Benelli, vedova da quattro anni, si poneva il difficile compito di assicurare un solido futuro ai sei figli: Giuseppe, Giovanni, Francesco, Filippo, Domenico e Antonio, detto Tonino, di soli nove anni. È stato certamente l'uomo di maggior spicco e levatura tecnica della famiglia: le sue capacità progettuali diedero vita a innovativi progetti in ambito motoristico sia a due sia a quattro ruote. Risultano tuttora a suo nome 13 brevetti.

Ottenne a 17 anni il diploma di perito industriale presso l' Istituto Tecnico Industriale di Fermo. Lavorò per alcuni anni presso Fiat. Per poi fondare con la madre e i fratelli la ditta "Fratelli Benelli Pesaro". Si laureò in ingegneria presso un istituto svizzero, presentando come tesi il progetto del motore 175 quattro tempi monoalbero che in seguito sarebbe divenuto la pietra miliare dell'Azienda.

Nel secondo dopoguerra si staccò dall'azienda familiare per fondare prima la BBC Automobili. Quest'ultima tornerà a riunirsi con la Benelli negli anni sessanta. Direttore Tecnico delle Officine Benelli. Ottenne la laurea in ingegneria meccanica in Canada e poi il titolo di Commendatore della Repubblica Italiana. Secondogenito, è stato il braccio destro di Giuseppe, si è da sempre interessato della produzione e dopo che il fratello maggiore ha lasciato la società sarà l'artefice del rilancio del marchio nel primo dopoguerra realizzando modelli di grande successo come il Leoncino e le quattro cilindri da competizione. Concretizzando così la sua passione per le armi da caccia coltivata fin da adolescente. Dal 1983 la società armiera appartiene alla Beretta.

Che dal 1995 sarà Beretta Holding. Staccandosi dal ceppo familiare, ha mantenuto rapporti di collaborazione con l'azienda di famiglia, creando ad Ancona la prima rete commerciale. È stato il responsabile amministrativo/finanziario della società.

Fu lui che ideò e portò a termine nel primo dopoguerra l'acquisto di circa 1.000 motociclette abbandonate dai belligeranti sul terreno e raggruppate nei campi A. Per poi essere ricondizionate e riconvertite dalla Benelli a uso civile. Operazione economicamente vantaggiosa che darà nuova linfa all'azienda ridotta dalla guerra a un cumulo di macerie. È stato il responsabile della gestione sportiva: sempre presente sui circuiti e confidente di tanti piloti. Va ricordato anche il suo prezioso apporto al recupero, nell'immediato dopoguerra, dei macchinari e delle attrezzature che l'esercito tedesco aveva saccheggiato dallo stabilimento di viale Mameli.

La sua fama all'epoca travalicava i confini nazionali e in Patria fu definito il "Girardengo della motocicletta" e anche il "Cigno del motore", nel primo caso accostandolo al più grande ciclista dell'epoca, nel secondo al suo più celebre concittadino Gioachino Rossini. Definito il "Cigno della musica". Busto bronzeo di Tonino Benelli esposto nell'area in cui sorgeva lo storico stabilimento di Viale Mameli a Pesaro.

Benelli 500 VLM (Valvole Laterali Militare) (1940). Motore 500 ad "aste e bilancieri". Verificato che i fratelli avevano scarsa attitudine a proseguire l'occupazione paterna nel condurre il fondo agricolo avuto in eredità e che, per contro, manifestavano una grande passione per la meccanica, la madre decise di vendere buona parte dei terreni e di investire il ricavato per l'acquisto di alcune macchine utensili, realizzando una piccola officina in via dell'Annunziata, nel centro storico di Pesaro. I figli maggiori, Giuseppe e Giovanni, avevano già terminato gli studi presso l' Istituto Tecnico Industriale Montani.

E in breve tempo l'officina iniziò a funzionare, eseguendo riparazioni e realizzando artigianalmente pezzi di ricambio. Data l'esiguità di veicoli a motore esistenti a Pesaro.

Nella prima metà degli anni dieci. Gli introiti non erano certo copiosi, ma paradossalmente le cose migliorarono con lo scoppio della prima guerra mondiale.

Con l'arrivo di numerose commesse di aziende che erano impegnate nello sforzo bellico, quali: Isotta Fraschini. Rese inagibile l'officina e l'abitazione. Teresa Boni Benelli & Figli pensano allora di trasferire l'attività a Milano, proposito a cui rinunciano una volta che un amico di famiglia gli mette a disposizione alcuni locali di sua proprietà nella prima periferia di Pesaro. La fabbrica quindi trasloca in via del Lazzaretto, vicino alla Molaroni, la prima azienda motociclistica pesarese, le cui officine, nel 1933. Saranno acquistate dalla Benelli una volta che la Molaroni decise di cessare la produzione. Da questo sito, l'opificio si espanderà progressivamente raggiungendo la sua massima dimensione negli anni settanta.

Con una superficie complessiva di circa 33 000 m², di cui 23 000 coperti e con all'interno una pista ovale per testare le moto sia di serie sia da competizione. Insieme alla moglie in un manifesto pubblicitario dell'epoca (1932). Spaccato del motore "250" monoalbero. Sono chiaramente visibili i cinque ingranaggi della distribuzione, i quattro ingranaggi dei servizi, le molle a "spillo" per il richiamo delle valvole e il piccolo radiatore dell'olio.

Complice l'univoca passione per i motori, i fratelli Benelli avevano preso l'abitudine, sin dal 1910. Di riunirsi per progettare, sotto la direzione di Giuseppe e Giovanni, un motore tutto loro con il quale equipaggiare una motocicletta. L'opera di progettazione, prototipazione e sviluppo, eseguita fuori dall'orario di lavoro, durò otto anni e partorì una motocicletta con un motore a due tempi di 75 cm³. Montato sulla forcella anteriore di bicicletta, soluzione che si rivelò poco soddisfacente.

Alla III Esposizione del Motociclo di Milano. Viene presentata quella che ufficialmente è considerata la prima vera motocicletta Benelli: il Velomotore tipo A. Cambio a due rapporti, trasmissione a catena con parastrappi, magnete Bosch, carburatore Amal, forcella anteriore elastica, telaio in tubi d'acciaio, serbatoio sotto canna e motore maggiorato a 98 cm³ sempre a 2 tempi.

Le critiche saranno lusinghiere tanto che presto seguirà il Velomotore tipo B di 125 cm³. Sulla base di quest'ultima moto, portata a 147 cm³ e opportunamente modificata per le competizioni, comincerà a gareggiare nel 1923 Tonino Benelli. (all'anagrafe Antonio), ottenendo qualche piazzamento di prestigio pur gareggiando nella categoria 175 cm³. Ma il motore di maggior successo, che fece conoscere la Benelli in campo nazionale e internazionale, è stato il 175 cm³ 4 tempi con distribuzione a "cascata" d'ingranaggi e albero a camme in testa del 1927. Soluzione ardita e sofisticata che divenne ben presto il "marchio di fabbrica" della casa di Pesaro.

Giuseppe Benelli prenderà spunto da uno studio teorico di un motore di Edward Turner. Pubblicato nel 1925 dalla rivista francese Moto Revue. Giuseppe, nell'intento di battere sul tempo la concorrenza, non perde tempo e reinterpreta completamente quella soluzione introducendo una semplice quanto geniale soluzione per eliminare gli effetti negativi delle dilatazioni termiche che affliggevano queste applicazioni.

I cinque ingranaggi cilindrici a denti diritti della distribuzione (uno dell'albero motore, tre oziosi, uno dell'albero a camme) furono inseriti (a cascata) in una sottile cartella di alluminio collocata sul lato destro del motore, sulla sommità della quale vi era montato il "castelletto" della distribuzione con l'albero a camme e bilancieri annessi. Il tutto era fissato alla testa del motore non rigidamente, ma lasciando l'accoppiamento con un grado di libertà. La soluzione consisteva nell'inserire due viti con il gambo parzialmente filettato (colonnette) in due fori ricavati nel castelletto e avvitate sui due dei quattro prigionieri della testa termica. La parte filettata si univa solidamente alla testata, mentre la parte della vite non filettata creava un accoppiamento libero, ma molto preciso con i due fori ricavati nel castelletto. Le viti erano serrate in modo da non "schiacciare" il castelletto, ma in maniera che potessero lasciare un gioco di qualche decimo di millimetro sufficiente ai due "blocchi" (cartella-castelletto/cilindro-testata) di scorrere l'uno sull'altro nella fase di dilatazione per effetto del calore, senza interferire e creare quelle deformazioni che avrebbero reso inaffidabile il sistema. Soluzione che fu brevettata nel 1927 e diede inizio al successo commerciale e sportivo della Benelli, protrattosi fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. 1927 "Disposizione per formare e fissare la scatola della trasmissione per il comando dell'albero di distribuzione in testa nei motori a scoppio". Motore 250 cm³ 4 cilindri con compressore volumetrico (1938).

Questo motore equipaggia l'unico esemplare di motocicletta al mondo che oggi fa parte della Collezione ASI-Morbidelli. Leoncino 125 cm³ 2 tempi del 1952.

Il Benelli 48, detto "Ciclomotore", del 1956. Benelli Leoncino Corsa 125 4 tempi (1955). Le più significative evoluzioni delle moto dotate di motore a "cascata d'ingranaggi" furono. Nel 1930 Giuseppe Benelli introduce un "castelletto" che consente con poche modifiche di trasformare il monoalbero in bialbero in modo che le valvole venissero comandate direttamente da due distinti alberi a camme. Nel 1935 viene abolita la classe 175 e la Benelli introduce due nuove cilindrate: "250" e "500" con architetture praticamente identiche. Il serbatoio dell'olio, prima posto sotto la sella, viene spostato sul basamento del motore e dotato di un piccolo radiatore per il raffreddamento del medesimo. Il cambio, che prima era acquistato da aziende terze (Albion, Burman), fu interamente progettato e costruito internamente. Nel 1936 sull'asse posteriore delle "250" e "500" viene applicato per la prima volta un'inedita sospensione elastica a forcellone oscillante. In Benelli si pensa a una moto sovralimentata per contrastare la Gilera.

Che già adottavano questa soluzione. Giuseppe Benelli applica a una monocilindrica bialbero 250 di serie un compressore volumetrico. Coassiale all'albero motore, ma parallelamente si stava preparando un motore 4 cilindri fronte marcia con doppio albero a camme in testa, raffreddato a liquido e con un compressore volumetrico a palette, accreditato di una potenza massima di 52 CV a 10.000 giri/min e una velocità massima di 230 km/h. Lo scoppio del secondo conflitto mondiale vanificherà ogni sforzo e questa soluzione (vietata nel dopoguerra) non sarà mai utilizzata in competizioni ufficiali.

Benelli 500 Turismo Normale (1935). Nel 1938 la Benelli aveva circa 800 dipendenti ed entrò a pieno titolo nella cosiddetta "pentarchia" insieme a Gilera. Durante il periodo bellico l'azienda si dedicò esclusivamente alla fornitura di mezzi di trasporto a due o tre ruote a uso militare anche con motori ad "aste e bilancieri" e a "valvole laterali", meno sofisticati e prestazionali, ma più affidabili ed economici. Al termine del conflitto gran parte dello stabilimento andò distrutto, le attrezzature disperse o danneggiate e furono necessari tre o quattro anni per riavviare l'attività in un quadro di precarietà e miseria. Per rimpinguare le scarse risorse finanziarie i Benelli acquistarono un migliaio di motociclette abbandonate dagli alleati durante il conflitto mondiale e raggruppate nei campi A.

Che vennero poi ricondizionate e riconvertite ad uso civile. Giuseppe Benelli, in seguito a insanabili contrasti con i fratelli sulle strategie produttive, si divide dalla società per fondare nel 1946. La gestione della Società passerà al secondogenito Giovanni che, pur non avendo il talento progettuale del fratello maggiore, era dotato di grandi capacità organizzative avendo sempre gestito l'apparato produttivo dell'azienda. Sotto la sua direzione Giovanni fornisce ai progettisti le linee guida del modello della rinascita: la nuova motocicletta dovrà essere leggera, affidabile ed economica. Nasce così il modello Letizia dotato di un motore a due tempi.

Più economico del 4 tempi. Di 98 cm³ con quattro cuscinetti di banco, montato su un telaio essenziale, ma elastico su entrambi gli assi.

Letizia, prodotta dal 1949 al 1950, sarà l'antesignana del modello più famoso della Benelli nel dopoguerra: il Leoncino. Dal 1951 ne produssero circa 45 000 esemplari fino alla fine del decennio, la motorizzazione più diffusa fu il 125 cm³ 2 tempi, ma anche 150 cm³ per la versione motocarro. " e 125 cm³ 4 tempi con distribuzione a "cascata d'ingranaggi, soluzione subito abbandonata per problemi di affidabilità.

Nei primi anni'60, complice la profonda crisi del motoveicolo a vantaggio dell'automobile, i vertici di Benelli e Motobi (entrambe fondate da Giuseppe Benelli) trovarono un accordo per fondersi in un'unica realtà, pur mantenendo attivi entrambi i marchi, nasce così la G. Acronimo di Gestione Officine Benelli. Lo scopo era quello di contrastare la crisi facendo economie di scala unendo i modelli e il know how.

La produzione complessiva raggiunse i 300 esemplari al giorno. Alla fine degli anni sessanta. Con la crescente diffusione delle case giapponesi inizia il rapido declino dell'industria motociclistica italiana, cui la Benelli/MotoBi non fa eccezione. Declino che i cugini Marco Benelli (figlio di Giuseppe) e Paolo Benelli (figlio di Tonino), tentano di arginare con investimenti nel campo sportivo e con la progettazione di nuovi motori bicilindrici a due tempi, per i quali viene ingaggiato lo specialista tedesco Peter Dürr.

La gamma per il mercato USA. Mojave 260 prodotta dalla Benelli per il mercato USA (1966). Dagli anni 60, nel momento di maggior crisi del mercato in Italia, la Benelli salva i bilanci con le esportazioni negli USA. Negli anni sessanta infatti sceglie due strade diverse per vendere oltreoceano: tramite l'importatore Cosmopolitan e con la Montgomery Ward e presentò i seguenti modelli. La maxi bicilindrica venne commercializzata prima negli USA poi in Europa.

Le sovrastrutture sono completamente diverse, ma la particolarità è il telaio tipo Metisse. L'attore infatti era l'uomo immagine dell'importatore Cosmopolitan e della Montgomery Ward. Mojave 260/360: utilizzava il telaio e le sovrastrutture della Tornado mentre il motore 4 tempi era una maggiorazione del 175 cc.

La moto, proposta anche in allestimento Scrambler, si poteva comprare in negozio oppure farsela spedire a casa smontata con un risparmio di alcuni dollari. L'operazione commerciale di montare il Marchio Riverside e non Benelli partì bene ma finì male per via dell'inesistente rete di assistenza e per via del prezzo.

Ne furono realizzati circa 1000 esemplari. Buzzer/Hurricane/Dynamo/Hornet: scooter a ruote piccole con motore da 65 cc (al posto di 50 cc venduti in Italia).

Rispetto ai modelli venduti in Italia, cambiavano i nomi e qualche dettaglio. Volcano: "scooter" a ruote basse derivato dal Mini Cross ma con una cilindrata di 180 cc. In sella a un prototipo della Benelli 750 Sei (1972). Benelli 750 Sei del 1975.

È stato indubbiamente uno degli industriali più discussi e potenti d'Italia negli anni'60,'70 e'80. Fonda nel 1959 la De Tomaso automobili. E realizza una propria serie di autovetture stradali e da competizione. Acquisirà poi una serie di aziende italiane come Maserati.

E successivamente, nel 1971, la Benelli per 11 miliardi (la Casa è indebitata per 9) e la Moto Guzzi nel 1973. De Tomaso aveva quindi molti e diversificati interessi, acquisiva aziende in difficoltà attraverso la GEPI. Per poi ristrutturarle e cercare di rivenderle intascandone le plusvalenze. Questo suo approccio non aveva evidentemente una lungimirante continuità industriale, per cui nelle sue acquisizioni ci sono state più "ombre" che "luci".

Non fa eccezione la Benelli, che vivrà il periodo più travagliato della sua centenaria storia. Con l'arrivo di De Tomaso, Marco Benelli (figlio di Giuseppe) rimase in azienda come dirigente, mentre il cugino Paolo (figlio di Tonino) lasciò per dedicarsi alla Benelli Armi. Nel 1976 Paolo, insieme alla Morbidelli. Costituirà una società con sede a Sant'Angelo in Vado. (PU) per la produzione di moto da GP denominata MBA.

Benelli 250 Quattro (1981), la 4 cilindri più compatta mai prodotta. Il manager italo-argentino decide di sfidare le case giapponesi sul loro stesso terreno, a tal fine chiede ai progettisti di prendere "ispirazione" dal motore Honda CB 500 Four. Nacque così la 500 Quattro.

Che sarà la base della 750 Sei. Con il suo motore a sei cilindri in linea.

Primo al mondo su una moto stradale. Gli esperti del settore giudicarono la 750 Sei una moto facile da guidare, con una elevata elasticità del motore, una eccezionale tenuta di strada e degli ottimi freni. L'unica nota negativa era l'accensione che doveva portare la corrente al momento giusto alle candele. Nel 1974 divenne "Moto dell'anno" e nel 1975 ci furono le prime consegne. Aveva una velocità massima di 200 km/h, 75 cv a 9500 giri al minuto e fu prodotta in 3200 esemplari fino al 1977. La motocicletta però fin da subito evidenzia diverse criticità dovute a scelte progettuali, materiali e lavorazioni non all'altezza della concorrenza nipponica a cui si abbineranno una rete di distribuzione e di post vendita carenti, una politica industriale che ben presto di rivelerà deleteria. Quindi, il colpo finale, sarà inferto dalla fusione con l'acerrima e storica rivale (nelle corse) Moto Guzzi.

Che porterà entrambi i marchi sull'orlo del baratro. Negli anni 80 la Benelli si trasforma in una scatola vuota. Le cause sono molteplici, ma tutto inizia a fine anni 70, quando il Gruppo De Tomaso perde colpi a causa delle difficoltà che incontrano Maserati e Innocenti in campo auto. Tutto ciò si riflette negativamente anche sulle moto, poco sviluppate e costruite con sempre minor cura.

Tra queste ci sono la 125 Turismo e la 125 Sport, la 125 BX Cross con telaio e motore TM Racing. (piccola Azienda Pesarese specializzata in moto da cross) costruita in collaborazione con FMI. E col Team Italia; senza dimenticarsi della custom 125 CS; della 125 E, una enduro 2 tempi, con raffreddamento a liquido, cambio a 6 marce e una potenza di 20 cv e infine della Jarno (denominazione dedicata al pilota Saarinen) presentata nel 1987, fu la prima 125 ad avere 3 freni a disco. Aveva inoltre un motore da 27 cv a 10500 giri e un gran telaio ma la ridotta rete vendita e una produzione limitata ne decretarono l'insuccesso. Anche tra il segmento dei ciclomotori, le idee a De Tomaso non mancano e, agli inizi degli anni 80, lancia l'S50 (presentato al MotorShow nel 1980): un ciclomotore, clone della Yamaha Passola (mai importata in Italia) di 50 cc, con raffreddamento ad aria, cilindro verticale, cambio automatico a 2 velocità e che richiedeva una miscela all'1% (un record); l'S125, presentato nel 1982 ma messo in vendita due anni dopo e con la trasmissione che prevedeva due frizioni, una comandata a mano e l'altra automatica.

Un altro ciclomotore degno di nota è il Laser (del 1985) di 50 cc: si trattava dell'S50 con una carrozzeria in plastica differente, con lo scudo anteriore che avvolgeva completamente la ruota e che disponeva di uno sportello attraverso cui si accedeva al vano portaoggetti. Fu commercializzato ad un prezzo analogo a quello della Vespa e nel 1988 uscì di produzione. A fine anni 80, l'attività produttiva si ridusse ai minimi termini e nel 1989 solo un'ottantina di operai lavoravano, mentre altri 153 erano in cassa integrazione.

In questo periodo la Benelli si trasferirà nell'area industriale di Chiusa di Ginestreto in prossimità di Pesaro. Mentre lo storico stabilimento di viale Mameli sarà quasi completamente demolito per far posto ad un centro direzionale. De Tomaso decide a quel punto di cedere l'azienda e la sopravvivenza della Benelli sarà garantita da Giancarlo Selci.

Pesarese, anno 1936, ex tornitore della Benelli, fondatore della Biesse. Uno dei maggiori gruppi industriali al mondo per la produzione di macchine per la lavorazione del legno, vetro e pietra, che rileva la Casa del Leoncino il 23 ottobre 1989. Selci acquista la Benelli cercando di rilanciare il settore dei ciclomotori.

Tiene in produzione l'economico "S50" e il "City Bike" (aggiornato con nuove colorazioni e denominato City Bike 90), lancia nuovi scooter come il "Così", lo "Scooty" e due moto sportive di 50 cc a marce: lo Spring e il Devil. Di quest'ultimo viene anche organizzato un trofeo monomarca, ma le vendite non decollano e Selci decide di gettare la spugna dedicandosi esclusivamente al suo business principale: la Biesse Group. Dal momento in cui la Benelli fu venduta dagli ultimi eredi della sua dinastia, la Casa andò, anno dopo anno, sempre più in declino: lo sfavorevole momento del mercato motociclistico, e la scarsa convinzione dei successivi proprietari, portarono la Benelli a un punto morto: i nuovi modelli immessi sul mercato non ebbero l'accoglienza sperata e quelli esistenti erano ormai superati. Nel dicembre 1995 ci fu la svolta decisiva: il giovane Andrea Merloni, di soli 28 anni, rampollo della nota dinastia marchigiana.

E appassionato motociclista, decise di rilevare la Benelli e rilanciarla sul mercato mondiale, prima inaugurando uno nuovo stabilimento in Strada della Fornace Vecchia, dove la stessa Benelli ha sede ancora oggi, poi entrò nei settori più difficili, avvalendosi di giovani e dinamici progettisti e designer, lanciando una serie di scooter e maximoto per dare immediato ossigeno alle casse e organizzare la rete di vendita e assistenza. Trasformò la Società da s. Con un aumento di capitale da 180 milioni a 20 miliardi di lire. Il 55% del capitale societario faceva capo alla famiglia Merloni. La restante parte era detenuta con il 10% ciascuno da Giancarlo Selci, da Augusto Baronciani, dai fratelli Montagna, dalla famiglia Colombo di Bergamo e il restante da una finanziaria regionale.

Benelli Tornado Tre 900 del 2002. Particolare del radiatore sotto la sella della Tornado. Così, in poco più di un anno dalla rinascita, furono immessi sul mercato i primi nuovi prodotti come i modelli Adiva. (nelle cilindrate 125 e 150) dotato di tettuccio rigido ripiegabile nel bauletto (primo scooter al mondo a essere dotato di questo meccanismo, poi copiato dalla concorrenza), il Velvet.

(nelle cilindrate 125, 150, 250, 400) che rimase in listino fino al 2012, il 491. Molto di voga tra i quattordicenni dell'epoca, che montava un raro motore Morini.

Orizzontale di 50 cm³ a 2 tempi con raffreddamento a liquido e che lo rendeva uno dei più performanti del lotto, il K2 (50 e 100 cm³) e il Pepe. (di 50 cm³ divenuto poi lo scooter Benelli più venduto degli ultimi anni); questi ultimi, motorizzati con motore Minarelli. Che riscossero un buon successo commerciale. Benelli Tornado Tre RS (2004). Nel 1999 fu ingaggiato il tecnico Riccardo Rosa ex Cagiva.

E fu quindi presentata la nuova Tornado Tre. Una moto sportiva (da 900 cm³, poi portata a 1130 cm³), con interessanti innovazioni tecnologiche.

Si trattava infatti di una moto sportiva pura, dotata di un motore a 3 cilindri in linea che presentava una inedita disposizione del radiatore di raffreddamento posizionato sotto il codino. Posteriore e dotato di due ventole di estrazione forzata dell'aria di scenografico effetto e di un inedito telaio "misto" costituito da una pressofusione di alluminio e da tubi in acciaio uniti fra loro con una tecnologia di provenienza aeronautica. Della Tornado furono presentati due prototipi: il primo con motore a scoppi irregolari "big bang" (poi non andato in produzione) e con doppio iniettore per cilindro; e il secondo con telaio in tubi di acciaio vincolati tramite colla aeronautica alle piastre verticali (fuse in terra) e fissati da viti traenti, scarico in alluminio, carbonio e titanio, coperchi motore in magnesio, cambio estraibile e motore che non presentava ancora il radiatore dell'olio (introdotto poi nella versione 900 RS). La Tornado 900 nacque con l'intento di riportare le moto Benelli nel mondo delle competizioni: a metà stagione SBK del 2001. Qualche anno dopo, la Tornado, portata a 1130 cc, correrà grazie a privati in campionati nazionali italiani e non, nella 24 ore di Spagna.

Del 2007 (con Stefano Cordara). Nel 2001 la Benelli adottò per il primo prototipo SBK uno scarico laterale sdoppiato, mentre in gara presentò la soluzione dello scarico sdoppiato simmetricamente ai lati della coda, per tornare nel 2002 poi allo scarico singolo laterale in quanto permetteva un rendimento migliore. In gara poi, anche la frizione a secco della Tornado superbike era differente: non Surflex (montata sulla versione stradale), bensì EVR. La Tornado 900 partecipò anche al Tourist Trophy. Del 2000 (che differiva dalla versione di serie per il motore "big bang", per il coperchio frizione differente e per l'oblò del livello olio).

Vista l'esperienza Benelli nel campo scooter, nel 2000 la Renault. Stipulò un accordo con la Benelli per la produzione di scooter da 50 cc a 250 cc: identici nella struttura, differivano solo per la presenza del marchio della Casa francese. Benelli Tnt Cafè Racer del 2006. "Le corse migliorano la razza" e Merloni, ex pilota, lo sapeva bene per cui il passo successivo fu preparare la nuova Tornado per le gare.

Come da suo stile, Merloni cominciò immediatamente a correre nel 2001. Con il pilota Australiano Peter Goddard. Che con la sua lunga esperienza ha saputo dare le indicazioni per migliorare la moto e di conseguenza anche quella di serie. Tenuto conto che la squadra era all'esordio e la concorrenza agguerrita, i risultati furono superiori alle attese con un 36º posto nella classifica finale nel 2001 (con 7 punti) e un 22º posto in quella del 2002 (con 23 punti). Fu così realizzata una versione limitata da 150 esemplari della Tornado (denominata Tornado LE, dove LE sta per Limited Edition).

Nel 2003 si pensa di rispolverare il marchio MotoBi. Ma solo per la gamma scooter, sostituendo semplicemente il logo Benelli con il nuovo logo MotoBi.

Benelli irrompe con un nuovo modello naked dal design futurista che rimarrà in gamma fino al 2017: la TNT. Una roadster caratterizzata dello stesso motore a 3 cilindri portato ad una cilindrata di 1130 cm³, disposizione laterale sdoppiata del radiatore di raffreddamento ed un telaio. Che utilizzava le stesse tecnologie aeronautiche della Tornado. Nel 2004 fu premiata da una rivista tedesca come miglior moto dell'anno.

I risultati della nuova Benelli sono incoraggianti ma i forti investimenti per la Tornado non sono compensati dalle vendite e anche Andrea Merloni decide di fermarsi. Dopo la chiusura di Merloni, per l'acquisto della Benelli si fece avanti un miliardario russo di 25 anni, Nikolai Smolenski, già proprietario del marchio inglese di auto sportive TVR. Secondo alcune indicazioni, il nuovo proprietario avrebbe dovuto assumere una trentina dei 50 dipendenti che erano in cassa integrazione straordinaria per la fabbricazione di moto per il mercato russo. L'accordo prevedeva anche che l'azienda sarebbe dovuta rimanere a Pesaro. Qualche tempo dopo in Benelli arrivarono alcuni rappresentanti di una fabbrica cinese, i quali erano interessati all'acquisto di alcuni stampi di modelli Benelli di 50 cc.

Alla fine nulla di tutto ciò andò in porto e il marchio fu acquisito dal colosso cinese Qianjiang Group. E motori, che possiede già i Marchi Keeway e Generic e che decide di mantenere l'attività produttiva e ingegneristica a Pesaro, affidando l'azienda all'amministratrice unica Yan Haimei. La produzione di moto riparte quasi immediatamente, il montaggio dei motori a 3 cilindri precedentemente eseguita dalla Franco Morini Motori. Viene riportata in casa, la gamma scooter viene altresì riavviata con motori di provenienza cinese. Al 63º Salone di Milano. Del novembre 2005 Benelli quindi si ripresenta viva, aggiorna la Tornado con il motore da 1130 cm³ della TNT, dalla quale fa anche derivare una versione più alta e più motard denominata ufficialmente Tre 1130 K. Ne uscirà anche una versione con gomme tassellate denominata Tre-K Amazonas. Benelli Bn302 (in alcuni mercati nota col nome Tnt300). Al Salone di Milano del 2006 la Casa pesarese (con i capitali cinesi di Qianjiang), decisa ad espandere i propri interessi anche nel mondo del fuoristrada, presenta al grande pubblico un'innovativa quattro tempi dotata di una linea pulita ed elegante al tempo stesso, che suscitò molto interesse tra gli operatori e gli appassionati dell'off-road: la BX. Fu presentata inizialmente nella versione cross, la BX 449, ma poi fu declinata anche nelle versioni Enduro (BX505) e Motard (BX570), ognuna dotata di una motorizzazione specifica.

Il progetto, pur marchiato Benelli, era in verità frutto delle esperienze dei fratelli Vertemati. Che avevano studiato per il costruttore pesarese una moto innovativa. Il motore quattro tempi era caratterizzato da un carter centrale in pezzo unico, iniezione elettronica, cambio estraibile, sedi valvole in berillio e valvole in titanio, mentre il telaio, perimetrale in alluminio aveva un sistema brevettato per variare la rigidità torsionale grazie all'adozione di inserti in carbonio, intercambiabili, e inseriti nella zona inferiore della trave portante superiore.

Il forcellone era in pezzo unico ricavato per fusione. Dopo alcuni anni, durante i quali furono fatte circolare foto dei prototipi definitivi e furono fatti provare alla stampa specializzata vari esemplari praticamente definitivi della moto nelle tre versioni, il progetto fu interrotto senza mai giungere alla produzione di serie per il cambio di scelte strategiche della dirigenza, che decise di concentrarsi su altri prodotti e fasce di utenza. Nello stesso anno Benelli presenta la Due. Una bicilindrica di 756 cc con telaio e forcellone in alluminio, forcella da 50 mm a steli rovesciati, pinze freno ad attacco radiale e scarico basso. Nello stesso anno vince, nella categoria "Open Category" del Motorcycle Design Awards 2006, il premio come moto più bella.

Purtroppo la crisi della Benelli di quegli anni, costrinse la dirigenza a cancellare il progetto che ormai era ben collaudato. Nel 2007, per rilanciare il Marchio, la Benelli, sotto proprietà cinese, presenta la Tnt e la Tre-K con motore 899 e le versioni depotenziate da 35 KW (adatta per i neopatentati). Subentra, al direttore tecnico Pierluigi Marconi, l'ex manager Yamaha Claudio Consonni, già responsabile di produzione dello stabilimento Yamaha Motor. Incarico che si concluderà il 28 settembre 2012.

Negli anni successivi Benelli amplia la gamma degli scooter e, al Velvet e al rinnovato Pepe anche in versione 50 cc 4 tempi e 125 cc, si aggiungono il QuattroNoveX di 50 cc che successivamente sarà affiancato anche dalle versioni da 125 e 150 cc (X125 e X150); lo scooter a ruote alte e con pedana piatta Macis disponibile nelle cilindrate di 125 e 150 cc; il CaffeNero (125 e 150) derivato dal Keeway Outlook, che successivamente sarà affiancato dalla versione da 250 cc e lo Zenzero di 350 cc, derivato dal Keeway Index. Tutti rimasero in gamma fino al 2015, fino quando Benelli decise di abbandonare la produzione degli scooter, per concentrarsi sulla produzione di moto di media e piccola cilindrata. Nel 2011, in occasione del centenario del Marchio, viene presentata la Century Racer, nelle cilindrate 899 e 1130, su base Tnt che differiva da quest'ultima per la colorazione verde (Verde Vintage) e per il marchio storico degli anni 50 stampato sul serbatoio, oltre che per la sella in alcantara. Inoltre dal 2011 in poi, tutti i modelli di Tnt e Tre-k e tutti i modelli di scooter saranno caratterizzati dall'adesivo "100 Anni Benelli". Nel 2012, Benelli, presenta la prima moto progettata sotto proprietà cinese: la Bn600 R, una quattro cilindri in linea di 600 cc, con 82 cavalli, una linea accattivante, forcelle Marzocchi.

Qualche anno più tardi presenta una versione più economica senza forcelle Marzocchi e senza freni Brembo denominata BN600i e una versione turistica (Bn600GT). Il 19 luglio 2016 il Tribunale di Pesaro, a seguito dell'istanza presentata da un fornitore che vanta un credito di 120.000 euro, accerta lo stato di insolvenza e dichiara il fallimento dell'azienda che già nel 2014 e nel 2015 aveva chiuso il bilancio in perdita. Sentenza che verrà però revocata il 22 novembre 2016 dalla Corte d'Appello di Ancona. Nello stesso anno Benelli presenta il nuovo CentroStile Benelli, occupato da designer che ne hanno fatto il loro quartier generale in Italia, a Pesaro e nato per caratterizzare i prodotti della Casa tra cui il nuovo Leoncino. Sempre nel 2016 Geely Automobile.

Proprietaria anche di vari marchi automobilistici fra cui Volvo. Acquista quote di Benelli Q. Nel 2017 il Benelli 491. Si aggiudica ben sei record di velocità sul lago salato americano di Bonneville. Raggiungendo una velocità massima di 114,823 km/h sul chilometro lanciato e di 114,737 km/h sul miglio, entrambe risultanti dalla velocità media di due lanci in entrambe le direzioni.

I successivi quattro Record Mondiali conquistati sono stati raggiunti da Mauro Sanchini con una velocità di 133,002 km/h sul chilometro lanciato e 132,668 km/h sul miglio lanciato con l'85cc e rispettivamente 142,088 km/h e 141,914 km/h con lo scooter da 100cc. L'impresa vide coinvolti anche altri nomi noti del panorama motociclistico, del calibro di Jorg Moller e Aldo Drudi. Nella classifica di vendita in Italia del 2019 risultano in terza posizione la TRK 502, in quindicesima la Leoncino 500. In ventiduesima la BN 125 (prima assoluta nella cilindrata delle moto 125) e in ottantaquattresima la BN302.

Nel 2020 Benelli torna nelle maxi cilindrate con la nuova 752S, una bicilindrica in linea di 754 cc e una potenza di 76 cavalli. La Benelli TRK 502 è la motocicletta più venduta in Italia del mese di giugno 2020.

Inoltre, con 3.569 nuove immatricolazioni, si conferma la motocicletta più venduta in Italia nel 2020. Sempre nel 2020, in seguito all'emergenza mondiale Coronavirus, Benelli QJ dona 2 ventilatori polmonari e 4.500 tute in tyvek alla Croce Rossa Italiana di Pesaro e agli Ospedali Riuniti Marche Nord. Nell'aprile 2021, viene presentato in Indonesia il primo ciclomotore elettrico Benelli, chiamato, Dong. Tale modello non è altro che una versione rimarchiata del cinese Doinnext Bo. Nel 2021 la TRK 502 viene aggiornata alla normativa Euro 5.

Nella classifica delle vendite in Italia nel 2021, la Benelli TRK 502 si conferma regina del mercato con 6.543 pezzi venduti, quasi 3.000 in più rispetto all'anno precedente. Inoltre risultano classificati: 14° Leoncino 500, 15° BN 125 e 26° Imperiale 400. Nel 2021, viene presentato in Indonesia, sotto forma di prototipo, il Benelli Dong, primo scooter e mezzo elettrico della Benelli: Le ruote sono mini, ha un peso di solo 74 chili, il motore eroga 1,2 kW, la batteria, agli ioni di litio rimovibile da 60 V 26 Ah sotto il sedile, ha una capacità di 1,56 kWh capace di garantire un'autonomia di 60 km circa.

Nel primo semestre del 2022 la Benelli risulta il marchio più venduto in Italia con 8 522 pezzi immatricolati di cui 4 436 relativi alla TRK 502, acquisendo così il 10,8% del mercato nazionale: un risultato storico. Al salone di Milano del 2022 vengono presentate ben 6 novità: La BKX 250 e la BKX 250 S entrambe di 250cc con motore a quattro tempi da 25,8 cavalli.

La prima è una piccola moto indicata per l'off-road leggero, mentre la versione S è un piccolo motard stradale; la TRK 702 (versione stradale) e la TRK X 702 (versione off-road) entrambe bicilindriche di 698 cc capaci di erogare fino a 76,2 cavalli e 68,2 Nm di coppia massima; la TRK 800 sulla quale è presente un motore bicilindrico da 754cc da 76,2 cavalli e 67 Nm di coppia massima; e la TNT 500 (Tornado Naked Twin) costruita su un telaio a traliccio in tubi d'acciaio, monta un bicilindrico da 47,6 cavalli (35 kW) e 46 Nm di coppia massima, a sua volta sostenuto da una ciclistica di ultima generazione con forcella anteriore a steli rovesciati da 50mm, forcellone posteriore oscillante con mono-ammortizzatore centrale e impianto frenante a doppio disco semiflottante anteriore da 320mm. Tonino si laureerà Campione Italiano. Guidando nei primi tre casi la Benelli 175 super sport monoalbero e nel 1931. Con quest'ultima moto nel 1932.

Conquisterà anche la piazza d'onore nel Campionato d'Europa. Alle spalle del compagno di squadra Carlo Baschieri.

Le moto Benelli senza Tonino, che dovette interrompere la sua brillante carriera di pilota nel 1932. A causa di un grave incidente occorsogli nel circuito del Tigullio, risultarono comunque vittoriose e arrivarono a conquistare nuovamente il Campionato d'Europa. Della classe "175" con il centauro belga Yvan Goor. Il record mondiale di velocità di categoria del miglio e del chilometro lanciato con il pilota milanese Raffaele Alberti. In sella alla "250" sport bialbero con 182,500 km/h; nel 1939.

Con l'inglese Ted Mellors. Sempre con una "250" sport bialbero.

Il più giovane dei sei fratelli Benelli, dopo aver rischiato la vita su tutti i circuiti d'Italia e di mezza Europa, perderà la vita in un banale incidente stradale il 27 settembre 1937 all'età di 35 anni; Tonino. Era di ritorno da Rimini in sella a una Benelli "500 Sport" e in prossimità della curva San Lorenzo di Riccione si scontrerà frontalmente con una vettura proveniente dal senso contrario, l'impatto non darà scampo al campione pesarese che perderà la vita sul colpo. Il clamore della sua scomparsa riecheggerà per settimane sui media dell'epoca.

Renzo Pasolini su Benelli 250 Grand Prix. Nel dopoguerra il marchio del Leoncino ha ottenuto due titoli mondiali nella classe 250. Con il cesenate Dario Ambrosini.

E con l'australiano Kel Carruthers. Si è imposta anche in cinque Campionati Italiani Velocità nella classe 250 con Dario Ambrosini 1950. , con l'emiliano Tarquinio Provini.

, con il riminese Renzo Pasolini. ; in tre Campionati Italiani Velocità nella classe 350. Con il pesarese Silvio Grassetti. E ancora con Pasolini 1968.

Numerose furono le affermazioni e i piazzamenti nelle classiche di gran fondo dell'epoca, la Milano-Taranto. E il Motogiro d'Italia. Con il Leoncino 125, decisamente la motocicletta di serie più iconica della Benelli degli anni 50/60. Nel Trofeo Pesaro Mobili del 1971, svoltosi in località Villa Fastiggi di Pesaro.

Gareggiarono alcuni dei più grandi nomi del motociclismo mondiale dell'epoca come Giacomo Agostini. Nella classe "350" "Mike the Bike" in sella a una vecchia Benelli arrivò secondo dietro ad "Ago" alla guida della tre cilindri MV Agusta. Jarno Saarinen in sella alle nuovissime Benelli 4 cilindri "500" e "350", progettate da Piero Prampolini.

Vinse in entrambe le classi precedendo rispettivamente Giacomo Agostini su MV Agusta e Renzo Pasolini su Aermacchi. Inizia in questo modo così promettente l'era di De Tomaso, ma questa sarà la prima e l'ultima competizione della sua gestione. Infatti il manager italo-argentino, dopo la morte a Zandvoort. Del pilota inglese Piers Courage. Alla guida della monoposto di F1 De Tomaso 505.

Non ne volle più sapere di corse. La Benelli tornerà a gareggiare solo nel periodo di Andrea Merloni in due edizioni di WSBK.

In sella al Tornado 900 Tre. Benelli (Gestione Merloni) tornò sull' isola di Man.

Dietro l'invito degli organizzatori del Tourist Trophy. Per partecipare al giro d'onore del cinquantenario della vittoria di Dario Ambrosini. Si tratterà del raduno più imponente per numero di moto di una singola marca: sessanta moto sia stradali che da competizione con in testa la Tornado 900 n.

1 guidata da Andrea Merloni seguita dalla n. 2 guidata da Kelvin Carruthers.

(anno del 100º anniversario), nell'ambito del "Benelli Week" organizzato annualmente dal Moto Club "Tonino Benelli", si è svolta a Pesaro una grande festa durata una settimana che ha coinvolto tutti gli appassionati e i possessori di motociclette Benelli provenienti da tutto il mondo. In occasione del Benelli Week, organizzato dal Moto Club "Tonino Benelli" con il patrocinio della Benelli QJ, si sono celebrati tre anniversari: L'ottantesimo della prima vittoria al Tourist Trophy di Ted Mellors in sella alla Benelli 250 bialbero; il cinquantesimo del secondo titolo mondiale del 1969; il trentesimo della fondazione del Registro Storico Benelli. Per l'occasione è intervenuto l'ottantunenne Kelvin (Kel) Carruthers che ha guidato per alcuni chilometri la moto "250 quattro", perfettamente funzionante e restaurata, con cui vinse cinquant'anni prima il titolo mondiale. In occasione del Benelli Week, organizzato dal Moto Club "Tonino Benelli" con il patrocinio della Benelli QJ, si è celebrato il settantesimo anniversario della vittoria del primo titolo mondiale della Benelli ottenuta dal pilota cesenate Dario Ambrosini in sella alla 250 bialbero. Benelli celebra 110 anni di storia dalla sua fondazione.

Lo farà con numerose iniziative che culmineranno nel Benelli Week, organizzato dal Moto Club "Tonino Benelli" con il patrocinio della Benelli QJ, nel frattempo i festeggiamenti sono iniziati con la Benelli TRK 502 che conferma e consolida il suo primato di vendite in Italia, dopo averlo fatto nel 2020. È stato girato a Pesaro un docufilm dedicato alle vicende umane e sportive di Tonino Benelli intitolato "Benelli su Benelli", regia di Marta Miniucchi, prodotto dalla Genoma Film di Bologna. All'interno della Benelli Week, si è celebrato il 110º anniversario della fondazione della Benelli, con la cerimonia finale di domenica 19, svoltasi presso la splendida cornice di Villa Caprile. All'interno del Benelli week, si sono celebrate le vittorie di Jarno Saarinen al Gran Premio Pesaro Mobili del 20/08/1972, che in sella alle nuovissime Benelli "350" e "500" quattro cilindri, batterà Giacomo Agostini su MV Agusta in entrambe le gare.

All'interno del Benelli Week, si è commemorato il cinquantenario della tragica scomparsa di due alfieri della Benelli, Renzo Pasolini e Jarno Saarinen, deceduti entrambi il 20/5/1973 al GP di Monza nella classe 250. L'italiano era in sella alla sua Aermacchi, mentre il finnico alla sua Yamaha con cui deteneva il titolo mondiale vinto l'anno prima. L'incidente avviene subito dopo la partenza nel curvone che affrontavano in piena velocità non essendoci allora la chicane di rallentamento in fondo al rettilineo di partenza.

Cade Pasolini sbattendo sulle barriere laterali, mentre la sua moto rientra in pista a mezza altezza colpendo in pieno petto/viso Saarinen. Il museo Benelli e MotoBi. Sorge a Pesaro, in Viale Mameli 22, proprio negli ex stabilimenti della fabbrica, in uso fino alla fine degli anni 80. Il marchio nella cultura di massa.

Nel 2021 è uscito il film-documentario «Benelli su Benelli» girato a Pesaro e incentrato sulla vita di Tonino Benelli. Il film è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel agosto del 2022 il docufilm dedicato al "Cigno della moto", ha rappresentato Pesaro e le Marche a Los Angeles in occasione del conferimento della stella "Walk of Fame" a Luciano Pavarotti. Cittadino onorario della città di Pesaro. Championnat italien de vitesse 1927.

Benelli 175 arbre à cames unique. Championnat italien de vitesse 1928.

Championnat italien de vitesse 1930. Championnat italien de vitesse 1931. Benelli 175 double arbre à cames.

Championnat italien de vitesse 1932. Championnat italien de vitesse 1934. Championnat italien de vitesse 1936. Benelli 250 double arbre à cames. Championnat italien de vitesse 1939. Championnat italien de vitesse 1950. Championnat italien de vitesse 1965.

Championnat italien de vitesse 1966. Championnat italien de vitesse 1967. Championnat italien de vitesse 1968. Championnat italien de vitesse 1969.